Moda etica: vestirsi bene senza incentivare lo sfruttamento

Dietro una t-shirt da 4,99 € si nasconde un prezzo ben più alto. La fast fashion ha accelerato i ritmi produttivi, ridotto la qualità, e spesso ignorato i diritti di chi cuce quei vestiti, in fabbriche sovraffollate e sottopagate dall’altra parte del mondo.

Secondo la Clean Clothes Campaign, una lavoratrice tessile in Bangladesh guadagna in media meno di 100 euro al mese, per produrre abiti venduti a centinaia nei paesi occidentali.

La moda etica è un’alternativa concreta: fatta con materiali sostenibili, processi equi, design duraturo. È possibile vestirsi con stile senza cedere al consumismo cieco. Basta scegliere brand trasparenti, recuperare l’usato, sostenere piccoli artigiani, ridare valore ai capi che già possediamo.

Ogni acquisto di moda può diventare un atto di responsabilità sociale e ambientale. E può anche liberarci dalla corsa all’ultima tendenza, facendoci riscoprire gusto, identità, creatività.

La moda non deve essere veloce. Deve essere giusta. E ogni armadio è un campo di battaglia per un mondo più umano.

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L.r. n.6/2016 – art. 7, co. 2 e 3. DGR n 966 del 22/11/2024 “Adozione Piano provvisorio di attività annuale per la tutela dei consumatori e degli utenti – annualità 2024”

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